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GIOVANNI BOLDINI Italian painter and printmaker (b. 1842, Ferrara, d. 1931, Paris): La passeggiata nel parco di Napoli, senza data, olio su tela, cm 55 x 44 - Ubicazione: Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli

INV. N. 1348



La passeggiata nel parco di Napoli, di Giovanni Boldini, dipinto firmato ma senza data, è entrato nel Museo di Capodimonte, insieme ad un altro dipinto, Lo strillone (databile intorno al 1880), grazie all'importante donazione di Alfonso Marino (1957). Esso costituisce una felice simbiosi tra un ritratto femminile e la rappresentazione di un paesaggio autunnale. L'affascinante donna, il cui viso quasi di porcellana, è tipico delle donne di Boldini, manifesta, con l'eleganza degli abiti, l'appartenenza ad una elevata classe sociale e con l'incedere quasi anticipa il tema futurista del movimento. Il paesaggio nello sfondo - felice integrazione di elementi allusivi e descrittivi - è una efficace sintesi degli esiti figurativi caaratterizzati da un profondo lirismo, diffusi nella seconda metà dell'Ottocento nella cultura artistica dell'Italia settentrionale. 

(da il Museo di Capodimonte, Mariaserena Mormone - Ed Touring Club Italiano, 2014)




martedì 29 marzo 2016

FILIPPO TAGLIOLINI (Fogliano di Cascia, 1745 - Napoli, 1809): "Trionfo di Venere" e "Chirone e Achille", 1796/1805, biscuit della Real Fabbrica di Porcellane di Napoli, h. risp. cm 45 - cm 30 - Ubicazione: Museo Nazionale di Capodimonte, Appartamento reale, Galleria delle porcellane, Napoli

INV. N. 1347


Il gruppo del Trionfo di Venere rappresenta il trionfo dell'amore sulla guerra, ed è composto da un basamento intormo al quale poggiano le figure in riposo di Ercole, Marte e Adone, e su di esso Venere vincitrice, che ha appena strappato ad Amore l'arco, oggi perduto. Anche questo modello è stato attribuito a Tagliolini e si ritrova nell'inventario di vendita della Reaal Fabbrica (1807) che anzi elenca, oltre al Trionfo di Venere "in tredici pezzi", anche due esemplari finiti e messi in vendita al prezzo di quaranta e di trentacinque ducati. Se ne conoscono altre tre redazioni, la prima nella collezione Charlesworth, la seconda nel Museo Civico di Torino e la terza nel Museo di San Martino di Napoli.

(Fonte: Luisa Ambrosio, nel Museo di Capodimonte, Ed. Touring Club Italiano, 2014)





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Il modello del gruppo Chirone e Achille, raffigurante il centauro Chirone che insegna al giovane Achille a suonare la lira, deriva da un affresco pompeiano, inciso a stampa nelle Antichità di Ercolano. Attribuibile al Tagliolini, fu realizato tra il 1796 e il 1805; dall'inventario del 1807si apprende che a quella data se ne conservavano ancora sei esemplari e nelle memorie ottocentesche del Minieri Riccio, si legge che alcuni gruppi erano stati realizzati nel 1804 da C. Celebrano e da G. Pecorella. Oltre questa si conoscono altre due redazioni, la prima nel Museo delle Porcellane di Palazzo Pitti a Firenze e la seconda nel Museo Duca Martina di Napoli. 

(Fonte: Luisa Ambrosio, nel Museo di Capodimonte, Ed. Touring Club Italiano, 2014)



lunedì 28 marzo 2016

SCULTURE ANTICHE: "Gruppo dei Tirannicidi" (Armodio e Aristogitone), gruppo scultoreo in marmo lunense, II sec. d.C. - Ubicazione: Museo Archeologico Nazionale, Napoli

INV. N. 1346


   Il gruppo dei Tirannicidi
   Replica di età adrianea, II sec. d.C., da originale greco della prima metà del 
   V sec. a.C.

         (Fonte: Guida "Il Museo Nazionale Archeologico di Napoli, scheda 26-27 - Ed Electa)


 

 


    



domenica 27 marzo 2016

Real Fabbrica della Porcellana di Napoli (1771 - 1806) FILIPPO TAGLIOLINI (Fogliano di Cascia, 1745 - Napoli, 1809): Trionfo di Bacco e Sileno, 1790, biscuit, h. cm 61 - Ubicazzione: Museo Nazionale di Capodimonte, Appartamento Reale, Galleria delle Porcellane, Napoli

INV. N. 1345


Il prezioso Trionfo di Bacco e Sileno, ornamento da tavola realizzato dalla prestigiosa Real Fabbrica di Porcellane di Napoli, in biscuit, si compone di due elementi a sé stanti. Il gruppo superiore raffigura Bacco e Sileno, ed è tratto fedelmente da un antico modello esistente nel Settecento a Villa Borghese; quello inferiore è composto da un fauno danzante , un sacerdote dionisiaco e una baccante con leopardo, animale sacro ad Apollo. 
Ben cinque redazioni di questo biscuit si conservano tra i Musei di Capodimonte e San Martino e, a giudicare dalle numerose citazioni che si trovano negli antichi inventari, il Trionfo di Bacco e Sileno è stato un oggetto ampiamente ripetuto nel Real Fabbrica e tanto apprezzato da essere stato valutato, per alcuni esemplari, fino a sessanta ducati. In alcuni documenti, datati 1804 e 1806, si annotano G. Pecorella e Antonio Sorrentino quali modellatori di gruppi simili a questo.

(Fonte: Luisa Ambrosio, nel Museo di Capodimonte, Ed. Touring Club Italiano, 2014)




JACOB CORNELISZ VAN OOSTSANEN, Netherlandish painter (b. ca. 1472, Oostzan, d. 1533, Amsterdam): Saul e la strega di Endor, 1526, Olio su pannello, 88,3 x 123 cm - Ubicazione: Rijksmuseum, Amsterdam

INV. N. 1344


In questo dipinto di Jacob Cornelisz van Oostsanen, Saul e la strega di Endor, i diversi episodi della storia biblica sono raffigurati in una narrazione simultanea, mentre la chiave per la comprensione della scena è nascosta in lontananza, secondo una tecnica molto in uso tra artisti seicenteschi, come Pieter Aertsen e Joachim Beuckelaer.

Bisogna però avere una certa familiarità con la storia del Vecchio Testamento, nel primo libro di Samuele, in particolare i capitoli 28 e 31, dove si riferisce che Saul, il primo re del popolo di Israele, venne consigliato dal sacerdote Samuele per molti anni. Alla fine, però, Saul lo respinse e iniziò a comportarsi a dispetto dei comandamenti di Dio, dopo che Dio aveva imposto a Samuele il compito di trovare un nuovo re per Israele. La scelta cadde su David, ma Saul rifiutò di accettarlo. Poco prima della battaglia decisiva, Saul decise di consultare un indovino per chiedere il parere dei morti.

Ecco quindi in lontananza la vera chiave per il significato del quadro, ovvero la battaglia persa da Saul, dopo la quale egli si suicida cadendo sulla sua spada: senza Dio il desiderio di Saul di conoscere il futuro, che lo ha portato a disturbare i morti, si è rivelato fatale.




JACOB CORNELISZ VAN OOSTSANEN, Netherlandish painter (b. ca. 1472, Oostzan, d. 1533, Amsterdam): Adorazione del Bambino, 1512, olio su tavola, cm 120 x 170 - Ubicazione: Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli

INV. N. 1343


In questa Adorazione del Bambino di Jacob Cornelisz van Oostsanen, pittore olandese, il minuscsolo Bambino è adorato da una folla di oranti, solo in parte contenuta da un porticato in rovina. Proprio sulla trabeazione interna si trova l'iscrizione "Anno DM [?] 1512 Factam", che ci consente di datare il quadro, segnato anche, sulla mangiatoia, dal monogramma AD aggiunto dopo per avallare un'improbabile attribuzione al Durer. 
Già nell'Ottocento il dipinto però era stato accostato al nome del pittore di Amsterdam al quale oggi è unanimamente attribuito. La presenza di monaci certosini e dei santi Andrea e Margherita, che rimandono ai nomi dei due committenti inginocchiati in primo piano, ha consentito di identificare il dipinto con una tavola un tempo custodita nella Certosa di Sant'Andrea presso Amsterdam. 
Il dipinto venne portato a Napoli da Domenico Venuti nel 1799. 

 (Fonte:  Museo di Capodimonte, Francesca Amirante - Ed. Touring Club Italiano, 2014)



sabato 26 marzo 2016

ARAZZI ANTICHI: Manifattura di Bruxelles, William Dermoyen/Bernard van Orley: Fuga dell'esercito francese e ritirata del duca D'Aleçon oltre il Ticino, 1528-1531, lana, seta,argento e oro, cm 433 x 863, collezione de' "Gli arazzi della Battaglia di Pavia" - Ubicazione: Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli

INV. N. 1342


Gli arazzi della Battaglia di Pavia


Nei sette arazzi sono raccontati gli episodi salienti della battaglia di Pavia, combattuta nel 1525 per il dominio in Italia tra le truppe del re di Francia Francesco I di Valois e quelle imperiali di Carlo V d’Asburgo. Gli arazzi, di manifattura fiamminga, sono stati realizzati a Bruxelles su disegni di Bernard van Orley, famoso pittore e cartonista di arazzi e vetrate, probabilmente tra il 1528 e il 1531 come suggerisce la presenza della sigla dell’arazziere, William Dermoyen, lungo la bordura di due dei sette arazzi.

Donati nel 1531 all’Imperatore Carlo V dagli Stati Generali di Bruxelles, dopo vari passaggi ereditari, entrano a far parte grazie al legato testamentario del giovane don Carlos, figlio di Filippo II, delle collezioni di Francesco Ferdinando d’Avalos, diretto discendente dell’omonimo eroe di Pavia, morto per le ferite riportate in battaglia.

Nel 1862 furono donati con l'intera raccolta allo Stato italiano da Alfonso d'Avalos di Pescara, marchese del Vasto, discendente del grande condottiero.

Nella primavera del 1998 gli arazzi sono stati sottoposti ad un delicato intervento conservativo. Il restauro, reso possibile grazie all’intervento di Mariella e Giovanni Agnelli, è stato affidato a Chevalier Conservation.


Arazzo n. 6
L'arazzo raffigura la Fuga dell'esercito francese e ritirata del duca D'Aleçon oltre il Ticino







venerdì 25 marzo 2016

EL GRECO, Dominikos Theotokopoulos (1541, Candia - 1614, Toledo): Ritratto di Giulio Clovio, 1571-72, olio su tela, 58 x 86 cm - Ubicazione: Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli

INV. N. 1341



Il Ritratto di Giulio Clovio di El Greco è un quadro (olio su tela, cm 62 x 84) che si trova a Napoli nel Museo di Capodimonte, facente parte della Collezione Farnese. Il dipinto ritrae Giulio Clovio, uno dei più celebri miniatori del Cinquecento, che tiene fra le mani una delle sue opere, il Libro d'ore, realizzato per Alessandro Farnese ed oggi a New York alla Pierpont Morgan Library. In questo ritratto si può anche ravvisare un gesto di riconoscenza, in quanto che El Greco giunse a Palazzo Farnese nel 1570 grazie all' intermediazione di Giulio Clovio.
Il prezioso ritratto rivela, nel trattamento della luce e nel paesaggio turbolento, l'attenzione agli effetti "mossi" della pittura veneta ed è un' affascinante testimonianza del fervore culturale che animava la corte del cardinale Alessandro Farnese, in cui occupava un posto di rilievo il dotto Fulvio Orsini, primo proprietario dell'opera. 

(Fonte:  Museo di Capodimonte, Francesca Amirante - Ed. Touring Club Italiano, 2014)








mercoledì 23 marzo 2016

CLAUDE LORRAIN (nasce Claude Gellée) (Chamagne, 1600 - Roma, 1682): Paesaggio con Egeria che piange Numa, 1669, olio su tela, 155 × 200 cm - Ubicazione: Galleria Nazionale di Capodimonte, Napoli

INV. N. 1340


Paesaggio con la ninfa Egeria

"C'era un bosco irrigato nel mezzo da una fonte d'acqua perenne affiancata da una grotta ombrosa. E poiché Numa vi si recava spesso per incontrarsi con la dea, consacrò quel bosco alla Camene che si ritrovavano con Egeria sua sposa." Con queste parole lo storico latino Livio descrive l'antico ninfeo che fu teatro dell'amore fra il secondo re di Roma, Numa Pompilio, e la bellissima Egeria. Ninfa delle fonti, Egeria aveva il dono della divinazione. Grazie a questa dote riusscì ad ispirare il suo sposo nel promulgare le leggi e nel curare l'ordinamento religioso della Roma primitiva. Il racconto di Livio, trasfigurato poeticamente anche da Ovidio nelle sue Metamorfosi, ispirirò il dipinto del lorenese Claude Gellée. Tuttavia, il paesaggio riprodotto sulla tela non corrisponde alla località romana dove, secondo la leggenda, si svolgevano gli incontri fra i due innamorati, ma si ispira alla zona del lago di Nemi, feudo della famiglia Colonna, che nel 1669 commissionò l'opera. Acquistata a Roma da Domenico Venuti per conto del re di Napoli Ferdinando IV, la tela entrò a far parte delle collezioni borboniche nel 1800.

(Fonte: Tiziana Scarpa - Museo di Capodimonte, Ed. Touring Club Italiano, 2014) 





lunedì 21 marzo 2016

JUSEPE DE RIBERA (Jativa, 1591 - Napoli, 1652): Sant'Andrea, ante 1620, olio su tela, 136×112 cm - Napoli, Quadreria dei Girolamini

INV. N. 1336


E' considerato capolavoro giovanile da tutte le fonti e come tale va ora considerato, con una datazione entro il 1620, a correzione di qualche posizione più dubbiosa che aveva contrassegnato la sua vicenda critica nel corso di questo secolo. La straordinaria qualità e la materia soda, compatta, quasi tangibile, sono infatti tipiche delle prime opere di Ribera, come i già ricordati Cinque Sensi eseguiti a Roma e solo in parte ritrovati, i tre Apostoli a mezza figura dei Girolamini, i Santi Pietro e Paolo del Museo di Strasburgo. Nel Sant'Andrea gli aspetti tipici della vecchiezza come la pelle rugosa e le mani deformate dall'artrite acquistano connotati quasi "iperreali", come nei caravaggisti fiamminghi attivi a Roma, con in più un'originalità da protagonista che non abbandonò mai questo geniale ispano-napoletano.

(Fonte: La Quadreria dei Girolamini, Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Napoli, Ed. Elio De Rosa, 1995)


JUSEPE DE RIBERA (Jativa, 1591 - Napoli, 1652): Apollo e Marsia, 1637, Olio su tela, 182 x 232 cm - Gallery: Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli

INV. N. 1335


Apollo e Marsia

Il dipinto, proveniente dalla collezione d'Avalos, è firmato e datato 1637. Il tema raffigurato si riferisce al momento più drammatico del celebre mito antico: dopo aver sfidato Apollo in una gara musicale e dopo aver perso, Marsia viene punito per la sua audacia e scorticato vivo. Il dinamismo della composizione, giocato sulle diagonali incrociate delle figure e sul manto svolazzante di Apollo, si coniuga con il trattamento pittoricistico della materia cromatica, che viene investita da effetti illuministici brillanti, a testimonianza dell'adesione, da parte del pittore, alla corrente pittoricistica che si era affermata a Napoli a partire dalla metà degli anni Trenta. Una versione siglata di questo stesso soggetto si trova nei Musées Royaux des Beaux-Arts di Bruxelles.

(Fonte: Museo di Capodimonte, Brigitte Daprà - Ed Touring Club Italiano, 2014)  





SEBASTIANO MAINARDI (San Gemignano, 1460 - Firenze,1513): Madonna col Bambino, San Giovannino e tre angeli, 1495-1500, tempera su tavola, diametro cm 98 - Gallery: Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli

INV. N. 1333



Questo dipinto di una Madonna con il Bambino in braccio che allunga la mano a carezzare San Giovannino è attribuita a Sebastiano Mainardi, allievo del Ghirlandaio, che replicò la scena più volte a partire da un tondo oggi al Louvre. Nel quadro si riscontrano, per la trattazione del colore e la resa tenera degli incarnati, affinità proprio con la bottega del Ghirlandaio
Sulla destra i tre angeli hanno i volti rischiarati dalla luce che proviene dalle bifore retrostanti, attraverso cui si scorge un paesaggio nel quale si è riconosciuta una veduta di Venezia. La scelta del tondo rientra nella moda, diffusa nella seconda metà del Quattrocento, di adottare una forma geometrica perfetta per rappresentare scene sacre a scopo devozionale. 
L'opera entrò nella collezione romana dei Farnese fra il 1653 e il 1680.

(Fonte: Museo di Capodimonte, Francesca Amirante - Ed. Touring Club Italiano, 2014)  


giovedì 17 marzo 2016

BRUEGEL, Pieter the Elder (ca. 1525, Brogel - 1569, Brussels): Il misantropo, 1568, Olio su tela, diametro 86 cm - Gallery: Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli

INV. N. 1331


Il misantropo

La scritta in basso - "poiché il mondo è tanto infido io vado in lutto" - chiarisce il significato moraleggiante dell'opera. L'uomo dalla lunga barba bianca, che si aggira serioso per la campagna, simboleggia la scelta di non condividere i peccati dell'esistenza, mentre il ladro che gli taglia la borsa rimanderebbe, anche nel suo essere inserito in una sfera definita da due cerchi di metallo, al mondo peccatore. Il cerchio ricorre anche nella forma attribuita alla scena, così dipinta su una tela quadrata. E' firmato e datato 1568.

(Fonte: Museo di Capodimonte, Francesca Amirante - Ed Touring Club Italiano, 2014) 




mercoledì 16 marzo 2016

JOOS VAN CLEVE Flemish painter (b. ca. 1485, Antwerpen, d. 1540, Antwerpen): Trittico della Crocifissione, 1512-15, olio su tavola, 120 x 158,5 cm - Gallery: Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli

INV. N. 1330


Crocifissione

Questo bel trittico ad ante mobili, con l'Annunciazione dipinta in grisaille sul retro, viene considerato un'opera significativa della prima produzione del pittore fiammingo. Al centro una Crocifissione (foto 4) con uno sfondo suggestivo (foto 6), attribuito da alcuni al Patinir, che nel 1512-15 sembrerebbe aver collaborato con van Cleve, e, nei pannelli laterali, i committenti con i figli e i santi Marco sulla sinistra e Margherita sulla destra (foto 3), che potrebbero essere un rimando ai nomi dei due personaggi inginocchiati. Il dipinto datato agli anni 1512-15, venne acquistato dai Borbone nel 1802.

(Fonte: Museo di Capodimonte, Francesca Amirante - Ed. Touring Club Italiano, 2014) 

    Foto 1


Alcuni preziosi dettagli dell'opera

Foto 2                                                                   Foto 3
 


Foto 4                                                                   Foto 5
 


     Foto 6

martedì 15 marzo 2016

JACOPO NEGRETTI detto PALMA IL VECCHIO (Serina ca. 1480 - Venezia, 1528): Sacra Conversazione con donatori, 1525 ca., olio su tavola, 131x194 cm - Gallery: Museo di Capodimonte, Napoli

INV. N. 1329


Sacra conversazione con donatori

La Madonna viene invitata da San Giovanni Battista a posare il suo sguardo sulla coppia di donatori, mirabilmente ritratti in basso a destra. Le figure sono raffigurate su uno sfondo lontano con un cielo descritto nelle varie tonalità dell'azzurro, rischiarato da un bagliore giallo. Il tema della Sacra Conversazione fu particolarmente congeniale a Palma il Vecchio, pittore di origine bergamasca, che trasse dalla pittura veneta e dalla ricca esperienza pittorica di Lotto una continua materia di ispirazione per le sue rappresentazioni dal risultato estetico sempre felice. Le rappresentazioni dosate e sapientemente concepite sono sempre impreziosite da un uso del colore che raggiunge effetti di incredibile virtuosismo. Basti osservare la resa delle stoffe, degli incarnati, il contrasto tra la diafana pelle della donatrice e il volto dell'uomo; Palma fu un grande pittore, senza essere un grande inventore, e fu artista amato e conteso. Il dipinto proviene dalla collezione dell'impresario teatrale Domenico Barbaja e venne acquistato dai Borbone nel 1841. Divenne una delle perle della collezione e considerato dalla critica uno dei capolavori del pittore. La disposizione dei personaggi, la monumentalità della figura di San Giuseppe, hanno suggerito una datazione al 1525 circa, quando l'artista si mostra sensibile alle complesse invenzioni del Pordenone.

(Fonte: Museo di Capodimonte, Francesca Amirante - Ed Touring Club Italiano, 2014)




SCULTURE ANTICHE: Ercole Farnese (o Ercole in riposo), fine II-inizi III sec. d.C. - Gallery: Museo Archeologico Nazionale, Napoli

INV. N. 1328


Ercole in riposo (noto come Ercole Farnese)
Copia romana, fine II-inizi III secolo d.C., da originale greco della seconda metà del IV secolo a. C.

Esposta fino al 1787 nel cortile di Palazzo Farnese a Roma, la colossale statua fu scoperta a metà del Cinquecento nell'area delle Terme di Caracalla; trasferita a Napoli, fu dapprima destinata a Capodimonte e poi, nel 1792, al nascente museo del Palazzo degli Studi, dove, nei burrascosi anni del dominio francese, riuscì a sfuggire alle mire di Napoleone, che per ben tre volte aveva organizzato la sua spedizione in Francia.
Dei numerosi restauri di cui la statua fu oggetto, il più famoso resta quello di Guglielmo della Porta, il quale su incarico di Michelangelo, curò di rifare le gambe perdute, che i Farnese non vollero sostituire neppure quando urono trovate quelle vere, "per mostrare che le opere della scultura moderna potevano stare al paragone de' lavori antichi". Solo più tardi, e per volere dei Borbone, furono reinserite le gambe autentiche, che il re di Napoli aveva ricevuto in dono dalla famiglia Borghese.
Allo scultore ateniese Glicone, come recita l'iscrizione incisa sulla roccia sotto la clava, si deve l'esecuzione dell'opera, copia del colosso bronzeo dell'Eracle in riposo di Lisippo da Sicione.

(Fonte: Guida Electa - Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, 2016) 









 


               

                       (dal corredo didascalico presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli)





lunedì 7 marzo 2016

SIMON VOUET (Parigi, 1590 - 1649): La chiromante, c. 1618, Olio su tela, 120 x 170 cm - Gallery: National Gallery of Canada, Ottawa

INV. N. 1327



La chiromante

Nel buio, una bella zingara racconta la fortuna a una giovane donna leziosa. Dietro di lei una figura comica ruba quanto la zingara ha nascosto nel suo mantello, mentre un complice, che sfoggia un ridicolo cappello di pelliccia, con piume e pezzi di fronzoli a brandelli, gli lancia ammiccanti segnalazioni. Si punta alla vittima della zingara, ma lei, nonostante il suo sguardo stupido, sembra essere la vincitrice della giornata, e fa un gesto verso lo spettatore, invitandolo a godersi lo spettacolo della ingannatore ingannato.
La pittura di Vouet, con le sue figure riprese di tre quarti, deve molto a Caravaggio e Manfredi, ma è più farsesca nel tono.

(Fonte: Web Gallery of Art) 



CARAVAGGIO, Michelangelo Merisi (1571, Caravaggio, Italy - 1610, Porto Ercole, Italy): Martirio di Sant'Orsola, 1610, olio su tela, 106 x 179.5 cm - Gallery: Galleria di Palazzo Zevallos Stigliano, Napoli, Italy

INV. N. 1326


Il Martirio di Sant'Orsola, l'ultimo capolavoro del Merisi, due mesi prima della morte.

E' l'ultimissimo capolavoro, di recente riscoperta, del Caravaggio, e risale alle sue ultime settimane a Napoli, prima dello sfortunato viaggio per mare di ritorno verso Roma per il perdono che lo attendeva. Sant'Orsola era una santa popolare cristiana, ricordata per il suo leggendario rifiuto di sposare il pagano Hun. Caravaggio la rappresenta nel momento culminante del suo martirio, quando il suo corteggiatore frustrato ha appena scagliato una freccia al suo pettoquasi a bruciapelo,  che le perfora il seno.

Nella scena, poco illuminata, della santa che contempla la freccia con un'aria di tranquillità mista a preoccupazione,  l'Unno la fissa, ha gli occhi ombreggiati nel buio, un assistente guarda la sua mano e un altro, che pare essere un autoritratto di Caravaggio stesso, scruta dalla parte posteriore, ansioso di vedere come va a finire. E 'l'ultima volta che Caravaggio rappresenta se stesso come uno spettatore angosciato, ma nei termini pittorici del dipinto sembra presagire quello che avrebbe potuto essere una nuova tappa della sua carriera: la figura di Hun è dipinta con un nuovo coraggio nella pennellata.
La vernice era ancora bagnata a maggio del 1610, e ai primi di luglio, Caravaggio muore a Porto Ercole.




Il 6 marzo di 541 anni fa nasceva uno dei più grandi geni dell'arte che l'umanità abbia mai conosciuto: MICHELANGELO BUONARROTI


Michelangelo Buonarroti

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6 marzo 1475 - 6 marzo 2016



Foto: Sibilla cumana: volta della Cappella Sistina in Vaticano