domenica 24 gennaio 2016

CANOVA, Antonio (1757, Possagno, Italy - 1822, Venezia): Danza dei figli di Alcinoo, 1793-95, Basssorilievo in gesso, 141 x 281 cm - Gallery: Fondazione Cariplo, Gallerie di Piazza Scala, Milano

INV. N. 1269


ANTONIO CANOVA

I bassorilevi Rezzonico

È una delle scene dedicate a raccontare episodi dell’epica classica: Canova fu particolarmente influenzato dalle traduzioni omeriche di Cesarotti. L’artista rinuncia di fatto alla narrazione, eliminando di fatto qualsiasi elemento ornamentale, dedicandosi esclusivamente alla resa asciutta dell’accadimento. In questo modo egli intende riprodurre lo spirito classico da cui Canova fa derivare la sua arte. L’episodio derivato dall’ottavo canto dell’Odissea offre allo scultore la possibilità di esprimersi in un soggetto tipicamente neoclassico, la danza, derivato da esempi pompeiani.

Il bassorilievo fa parte di un gruppo di tredici gessi - rappresentanti figure allegoriche, scene ispirate all'Iliade, all'Odissea e al Fedone e a due opere di misericordia - conservato presso il Centro Congressi della Fondazione; i bassorilievi furono realizzati da Canova e donati negli anni tra il 1793 e il 1795 al senatore di Roma Abbondio Rezzonico, che era stato committente di Canova per il monumento commemorativo di papa Clemente XIII, suo zio, collocato all’interno della basilica vaticana e inaugurato proprio nel 1792, a ormai ventitre anni dalla morte del Pontefice. Qualche tempo prima, nel 1781, lo scultore veneto scolpì per Abbondio Rezzonico l’Apollo che si incorona attualmente conservato al Getty Museum di Los Angeles. Evidentemente i rapporti tra il patrizio e Canova dovevano essere molto stretti, anche in considerazione delle comuni origini venete: frequentatore dell’ambiente artistico romano, Rezzonico si segnala come committente sia di Piranesi che di Pompeo Batoni, che lo immortala nel ritratto conservato al Museo di Bassano del Grappa. Proprio nella grande villa della cittadina veneta furono collocati i bassorilievi, ad arredare una “sala canoviana”, testimoniata dalle fonti ottocentesche, simile a quelle presenti in altre dimore patrizie sia in Veneto (Zulian, Renier, Falier, Albrizi, Barisan, Cappello) che a Roma (Villa Lante e Villa Torlonia). Si evince che nel corso della sua attività, Canova produsse a più riprese serie di bassorilievi, a volte diversi per soggetto, in base alla richiesta di collezionisti aggiornati rispetto agli orientamenti artistici dell’epoca. La serie più completa dei gessi, mai tradotti in marmo, è conservata nella gipsoteca di Possagno, un’altra molto vicina alla nostra si trova al Museo Correr di Venezia. La tecnica di realizzazione utilizzata è quella della “forma persa”, grazie alla quale da un calco, derivato dai vari prototipi, è possibile ricavare un unico esemplare: ciò permette all’artista di poter intervenire sul gesso, conferendo ad esso un connotato di unicità; sappiamo che Canova era solito rimarcare questo valore di originalità, anche per giustificare i costi di realizzazione: in realtà egli utilizzava dei validi assistenti, come Vincenzo Malpieri, ai quali di veniva delegata l’operazione. Sempre la volontà di promuovere la propria attività spinse Canova, su sollecitazione di intellettuali dell’epoca come Pietro Giordani e Francesco Leopoldo Cicognara, a far riprodurre in incisione le sue opere al fine divulgare la conoscenza della sua produzione con un mezzo economico e di facile divulgazione. La raccolta di stampe edita nel 1817 dal libraio romano Pier Luigi Scheri, dedicata “Agli Amatori e cultori delle Belle Arti” ne costituisce uno fra gli esempi più significativi. All’impresa lo scultore chiamerà alcuni importanti artisti allora attivi a Roma: come Vincenzo Camuccini, Raffaello Morghen, Jean-Baptiste Wicar, Tommaso Minardi, Francesco Hayez. Tra le opere incise rientra gran parte dei gessi, con l’eccezione delle tre Allegorie legate al progetto per la tomba di Clemente XIII. Alcuni scritti dell’antiquario romano Giovanni Gherardo de’ Rossi documentano la vicenda dei gessi Rezzonico: nel 1793 furono consegnate la Speranza e la Carità, calchi delle figure scolpite sul sarcofago di Clemente XIII. Allo stesso anno vanno datate Briseide consegnata agli araldi, la Morte di Priamo,Socrate che beve la cicuta; nel 1794 Socrate congeda la famiglia, la Danza di figli di Alcinoo, il Ritorno di Telemaco e la Giustizia, di fatto il pezzo più interessante del gruppo: costituisce infatti lo studio originale dell’artista, assente quindi nelle altre serie, per una figura che non compare nella realizzazione finale del monumento funebre, condotto a termine tra il 1784 e il 1792. Infine nel 1795 giunsero a Bassano Critone che chiude gli occhi a Socrate ed Ecuba che offre il peplo a Pallade. Al medesimo anno dovrebbero essere datati Dar da mangiare agli affamati e Insegnare agli ignoranti, forse nati per volontà del Rezzonico che li pose in una scuola per l’educazione dei bambini, sorta nell’ambito della villa. Con ogni probabilità, fatta eccezione per le due opere di misericordia, l’ideazione dei prototipi risale però a qualche anno prima, come risulta nella Biografia conservata a Bassano: essi furono realizzati congiuntamente al monumento funebre di Clemente XIII, in un lasso di tempo che partendo dal 1783 arriva al 1792. La tecnica del bassorilievo in gesso permette a Canova di sperimentare un nuovo linguaggio, pienamente neoclassico, libero perciò da elementi ornamentali e da rigorose regole prospettiche. In queste opere è possibile riconoscere il tentativo da parte dell’artista di adeguarsi ai moderni canoni letterari, con uno stile asciutto e drammatico fino all’espressionismo. I bassorilievi restarono a Bassano fino al 1837, quando furono venduti al collezionista Antonio Piazza, che li collocò a Padova nel palazzo che fu successivamente acquistato dai conti di San Bonifacio. Di lì passarono nel 1984 in eredità in una residenza nella pianura veronese per essere acquistati dalla Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde nel 1991.

(Fonte: Collezione Artgate Fondazione Cariplo)




Nessun commento :

Posta un commento