"Sagra"
La coppia di tele faceva parte dell'apparato decorativo della palazzina edificata nel 1923 in via Giovannino de' Grassi a Milano da Giovanni Locatelli, imprenditore metallurgico contitolare della ditta Celestri & C. Oltre alle due opere in questione, Sartorio aveva realizzato per la casa dell'industriale-collezionista almeno altri dodici pannelli, perlopiù collocati come sopraporte.
Tuttavia le tele non sembrano essere state concepite in origine per il committente ambrosiano. Confermando un'ipotesi avanzata recentemente da Gloria Raimondi (1995), è infatti possibile identificare in essi due pannelli appartenenti al monumentale fregio decorativo realizzato da Sartorio per l'Esposizione Nazionale di Milano del 1906.
Al termine della mostra, il fregio viene smontato e custodito da Sartorio presso i materiali di deposito del proprio atelier fino agli anni del primo dopoguerra. Nel 1923 l'artista ne recupera e rielabora alcuni pannelli per allestire un nuovo complesso decorativo, quello appunto destinato a Casa Locatelli a Milano. Durante questa operazione i contenuti delle scene vengono ricontestualizzati: nel pendant in questione Sartorio intende infatti celebrare la partecipazione italiana al primo conflitto mondiale, intesa come coronamento del processo di riscatto nazionale. Del resto, secondo l'artista stesso, nel fregio del 1906 "per associazione spirituale, l'azione, è intesa a liberare l'umanità dalla schiavitù mentale, dal misticismo nordico" (ibidem..., 1906), una concezione della supremazia del "genio italico" in sintonia con le teorie nazionaliste diffuse negli anni Venti. Risveglio, che simboleggia l'adesione italiana alla guerra antiaustriaca suggellata dalla data del 24 maggio 1915, è identificabile nel pannello che nel 1906 raffigurava il risorgere vivo della Stirpe; Sagra è invece ricalcato sulla scena originariamente intitolata Gli artisti rialzano Venere, effetto del patrocinio delle arti promosso dalla civiltà dell'antica Roma. Il secondo pannello viene trasformato da Sartorio nella raffigurazione dell'enfasi che accompagna la vittoria del 4 novembre 1918: oltre all'inserimento delle date, durante la ridipintura vengono apportate modifiche al medaglione sorretto dalle tre Grazie, dove Sartorio iscrive i nomi del Carso, del Piave e di Vittorio Veneto, luoghi cruciali della Grande Guerra. L'intervento pittorico del 1923 comprende inoltre la ridefinizione cromatica delle figure. Infatti Sartorio dall'unitarietà monotonale originaria, particolarmente idonea a un fregio che ambisce a gareggiare con la scultura, passa all'uso di tinte accese, impostate sull'accostamento del rosa e dell'azzurro.
"Risveglio"
Sartòrio, Giulio Aristide
Cenni biografici
Pittore nato a Roma nel 1860 ed ivi morto nel 1932. Formatosi all'Accademia di belle arti di Roma, esordì nell'orbita di M. Fortuny per poi volgersi, sotto l'influenza di F. P. Michetti, a un verismo d'accento umanitario (La malaria, 1882, Córdoba, Argentina, Museo); nel 1884 visitò Parigi. A questo periodo appartengono le prime illustrazioni per la Cronaca bizantina di A. Sommaruga, per il Convito di A. de Bosis, per l'Isotta Guttadauro di G. D'Annunzio, che attestano il graduale passaggio a uno stile decorativo d'ascendenza liberty, caratterizzato da una maggiore minuziosità disegnativa. Nel 1889 vinse la medaglia d'oro all'Esposizione Universale di Parigi con I figli di Caino (frammento, Roma, Istituto S. Michele). Accostatosi alle ricerche condotte da N. Costa, nel 1890 eseguì i primi paesaggi (Veduta di Ninfa, 1890, Roma, Galleria comunale d'arte moderna) e aderì all'associazione In Arte Libertas; nello stesso anno ricevette la commissione per il trittico Le vergini savie e le vergini folli (Roma, Galleria comunale d'arte moderna). Dopo un viaggio (1893) in Inghilterra, nel 1895 fu chiamato a insegnare all'Accademia di belle arti di Weimar. Durante il soggiorno in Germania (1895-99), oltre ai numerosi studî di animali e paesaggi, portò a termine il ditticoDiana d'Efeso e gli schiavi e La Gorgone e gli eroi (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna), opera di un decorativismo monumentale carico di enfasi drammatica e di ricordi preraffaelliti. Rientrato in Italia, accanto all'attività di paesista che lo vide, nel 1904, tra i promotori del gruppo dei XXV della Campagna Romana, ebbe numerose commissioni pubbliche (fregio decorativo per la nuova aula del Parlamento, 1908-12; ecc.) in cui l'ispirazione letteraria si fonde a una ricercata eleganza disegnativa. Nel dopoguerra lavorò ai bozzetti per la decorazione a mosaico del duomo di Messina. Fu anche scrittore e critico d'arte.
(Fonte: Enciclopedia Treccani)
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