#ARTE&POLITICA
La zattera della Medusa, è il capolavoro indiscusso di Géricauilt, 35 metri qadrati di pittura diventata scura con gli anni per via dell'uso troppo ambizioso del bitume di Giudea utilizzato come vernice finale. Questa piramide di carne umana, in parte marcia, in parte vibrante di speranza, fu dipinta in dimensione 491 x 716 centimetri da Théodore Géricault allora ventisettenne per stupire l'umanità parigina nel Salon del 1819. Ci mise otto mesi a realizzarlo. Sull'ultima linea dell'orizzonte d'un mare in tempesta appare la nave della salvezza. Un mondo se ne va, un altro arriva. Il dipinto fece clamore a tal punto che l'anno successivo fu esposto a Londra. Racconta un fatto di cronaca che ha duramente colpito lo spirito di grandeur della Francia appena restaurata con l'ascesa al trono del fratello minore di Luigi XVI il ghigliottinato, Luigi XVIII. Negli accordi con l'Inghilterra dopo la fine dell'epopea napoleonica e in conseguenza del Congresso di Vienna era stata decisa le restituzione del Senegal alla Francia. In pompa magna era stata mandata una flottiglia con giglio a riprendere possesso dell'isola di Saint-Louis, tre navi in tutto con ambascerie, mogli e servi. Una delle tre navi, comandata da un nobile in disarmo tornato in auge, perde la rotta, si arena e succede la catastrofe: centocinquanta morti, fra i quali poveri diavoli che non avevano trovato posto sulle scialuppe e s'erano quindi arrangiati con la costruzione d'una zattera rudimentale. Erano rimasti a morire di fame e sete per due settimane finché non furono avvistati da un'altra delle tre navi. Sopravvissero in tredici. Scandalo. Forse portava iella il nome della loro nave, la Medusa. Trattasi quindi di un quadro politico, e forse critico. (da Il secolo lungo della modernità, di Philippe Daverio - Rizzoli)
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