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venerdì 31 marzo 2017

LEONARDO - AMBROGIO DE PREDIS: La Duchessa del Cardinale, 1618, Tempera e olio su tavola, 51 x 34 cm - Milano, Pinacoteca Ambrosiana

INV. N. 1780




La Duchessa del Cardinale (o Ritratto di Dama o Dama della reticella): la controversia sull'attribuzione e sul personaggio ritratto. 

"La prima volta in cui il nome di Leonardo risuona in Ambrosiana è proprio sulla penna del fondatore, il cardinale federico Borromeo, il quale attribuì questo dipinto al grande Maestro da Vinci definendolo: "Un Ritratto d'una Duchessa di Milano dal mezzo in su, di mano di Leonardo". Le parole del cardinale indirizzarono subito l'identificazione del soggetto da parte dei critici o dei commentatori . Si parlò, ad esempio, di Beatrice d'Este, moglie di Ludovico il Moro: anzi, questa tavola (proprio perché Federico la attribuiva a Leonardo) venne collegata con il Musico, nel quale si volle vedere il ritratto del Duca, suo sposo. Altri critici parlarono poi di Isabella d'Aragona, moglie di Giangaleazzo Sforza; oppure di Bianca Giovanna, figlia naturale del Moro, o ancora di Cecilia Gallerani, amante del Moro, o infine di Anna Maria Sforza, figlia di Galeazzo Maria. La critica più recente si è invece mantenuta su affermazioni molto più prudenti e vaghe, sia in riferimento all'autore (Giovanni Ambrogio de Predis, discepolo di Leonardo o, più genericamente ancora un Autore anonimo di fine XV secolo), sia in riferimento al soggetto (Ritratto di Dama o Dama della reticella). In ogni caso ci troviamo di fronte a uno splendido ritratto, nel quale affiora senz'altro la lezione di Leonardo. Ed è incontestabile che, nella ricostruzione storica della presenza di Leonardo in Ambrosiana, La Duchessa del Cardinale - proprio a partire dalle parole stesse di Federico Borromeo - è un dipinto da cui non si può prescindere."

(Fonte: Guida La Pinacoteca Ambrosiana, De Agostini Editore, 2015)

giovedì 30 marzo 2017

LEONARDO DA VINCI (1452, Vinci - 1519, Cloux, presso Amboise) : "Ultima cena", 1498, Affresco a tecnica mista, 460 x 880 cm - Refettorio del Convento di Santa Maria delle Grazie, Milano

INV. N. 1779

Queste fotografie sono state eseguite di persona dal sottoscritto con un iPhone 6 Plus, in data 29 marzo 2017 e riprendono fedelmente il celebre capolavoro di Leonardo nelle sue attuali condizioni e con gli splendidi colori originali venuti fuori dopo l'ultimo immenso lavoro di restauro durato svariati anni. L'unico accorgimento che mi sono permesso di attuare prima di pubblicarle è il ritocco della luminosità, solo perché le foto sono state necessariamente eseguite senza flash, rigorosamente vietato, in un ambiente che per evidenti ragioni di conservazione del preziosissimo affresco è poco illuminato. Null'altro.  






mercoledì 22 marzo 2017

SCULTURE ANTICHE: LA QUADRIGA DI CAVALLI DELLA BASILICA DI SAN MARCO A VENEZIA, inizio II sec. a. C. - Venezia, Museo della Basilica di San Marco

INV. N. 1773


La quadriga di cavalli 
della Basilica di San Marco di Venezia


I quattro cavalli, fino al 1977 sulla loggia della basilica di San Marco, dopo un meticoloso restauro, sono stati sostituiti da riproduzioni e ricoverati nel 1982 in museo, per esigenze di conservazione.
Il gruppo, unico esempio di tiro a quattro pervenuto dalla statuaria antica a tutto tondo, è stato realizzato mediante fusione a cera perduta con il metodo cosiddetto indiretto, in una lega ad altissima percentuale di rame (tra il 96,67% e il 98,35%), funzionale al procedimento adottato per la doratura al mercurio. I graffi sulla superficie vennero prodotti intenzionalmente, per attenuare l'eccessivo riflesso della luce.
Incerta la datazione della quadriga. Alcuni studiosi propendono ora per una collocazione tra la seconda metà del II e gli inizi del III secolo d.C. nell'età romana imperiale, mentre in precedenza la datazione ha oscillato tra il IV secolo a.C. e il IV secolo d.C. L'analisi con il carbonio 14 riconduce all'inizio del II secolo a.C.
Si ipotizza che i cavalli provengano dall'edificio dell'ippodromo di Costantinopoli, inviati come bottino di guerra in occasione della IV crociata (1204) dal doge Enrico Dandolo a Venezia, dove rimasero per oltre cinquant'anni in Arsenale. Verosimilmente solo dopo la caduta dell'impero latino (1261) vengono collocati sulla basilica con ampia valenza semantica, in senso politico e religioso: eredità, simbolo di continuità con il potere imperiale di Bisanzio; immagine della Quadriga Domini, allegoria della diffusione della Parola divina attraverso l'opera dei quattro evangelisti.

(Fonte: Procuratoria di San Marco Venezia)






SCULTURE ANTICHE - L'AURIGA DI MOZIA o "Il giovinetto di Mozia", Statua in marmo di scuola greca ma realizzata in Sicilia (Selinunte o Agrigento), intorno agli anni che vanno dal 475 a.C. al 450 a.C. - Isola di Mozia, Marsala (Trapani, Sicilia, Italia), Museo Whithaker

INV. N. 1765


L'Auriga di Mozia
o "Il giovinetto di Mozia"



E’ senza dubbio la principale attrazione dell’isola di Mozia. La statua fu rinvenuta, quasi per caso, il 26 ottobre 1979, proprio durante l’ultimo giorno di quella campagna di scavi condotta dall'Univerità di Palermo.


Comunemente noto come “il giovinetto di Mozia”, l’Auriga è stata definita come la statua dei misteri, perché è un reperto greco rinvenuto in una provincia punica e poi perché la sua origine, la sua rappresentazione simbolica, lo stile artistico e il secolo in cui si possa collocare sono avvolti dal mistero. Per questo sono state formulate varie ipotesi, nessuna delle quali ha avuto certo riscontro anche perché la statua è unica nel suo genere.



La maggior parte degli studiosi ritiene plausibilmente che la statua rappresenti un auriga, cioè un atleta vincitore nella corsa con il carro, o comunque un atleta vittorioso. Altre ipotesi comunque sono state avanzate: la particolare veste secondo alcuni ricondurrebbe ad un sufeta, magistrato punico, per altri sarebbe invece il dio punico Melqart, corrispondente all'Eracle dei Greci.
Si tratta di un reperto greco ritrovato in una zona punica, circostanza spiegata molto probabilmente dal fatto che la statua fu portata nella piccola isola dopo che i cartaginesi saccheggiarono Selinunte nel 409 a.C.


La provenienza è di certo orientale, ipotesi avvalorata dall’analisi geochimica del materiale che ha rilevato che il marmo contiene dello stronzio, elemento presente esclusivamente nelle cave di Efeso e della Tessaglia, richiesto in gran quantità dalla Magna Grecia che non disponeva di marmo. 

Secondo la maggior parte degli studiosi, la statua risale al V° sec. a.C., più precisamente al periodo compreso tra il 475 e il 450 a.C., ed è realistico ritenere che questo capolavoro fu realizzato in una città greca della Sicilia, Selinunte o Agrigento.
L’auriga ha la testa leggermente inclinata e il viso avvolto da una acconciatura a riccioli. Il braccio mancante è rivolto verso l’alto e verosimilmente doveva tenere un frustino. L’atleta indossa un chitone, veste comune nell’antica grecia, leggero, molto lungo e con sottilissime pieghe, stretto da una cinta all’altezza dei pettorali e che mette in risalto le splendide forme anatomiche e la sua muscolatura, specie nella parte posteriore. 



La ponderazione della statua e il lungo chitone plissettato, che avvolge il corpo con uno straordinario effetto di trasparenza, riconducono la statua ad un ambiente artistico influenzato dall'arte di Fidia. La bellezza e la cura dei particolari fanno pensare che l’opera non fosse destinata ad una visione solo frontale, ma che probabilmente fosse collocata in un luogo che le conferisse onore, forse un tempio o una piazza.

(Fonte: Marsala Turismo, Mozia, l'Auriga, il giovinetto di Mozia)

Per saperne di più segnalo anche questo documento di Maria Luisa Famà che trovate a questo link: Regione Sicilia - L'auriga di Mozia







SCULTURE ANTICHE - PRASSITELE, Scultore greco antico vissuto nell'età classica ed attivo dal 375 a.C. alla sua morte. Viene considerato uno dei grandi maestri della scultura greca del IV secolo a.C. insieme a Skopas e Lisippo. (Atene, 400/395 a.C. – 326 a.C.): Afrodite Cnidia (*), 350-340 a C.

INV. N. 1759


L'Afrodite Cnidia di Prassitele

(*) Questa copia romana dell'Afrodite Cnidia risale al I sec. a C. mentre l'originale di Prassitele è del 350 - 340 a C. E' stata scoperta nella Villa dei Quintili e acquistata nel 1811 dalla collezione Braschi, da cui il nome di Afrodite BraschiE' conservata nella Gliptoteca di Monaco di Baviera, museo che fu fatto costruire da Re Ludwig di Baviera. In giro per il mondo esistono diverse copie romane dell'Afrodite Cnidia, tra cui le più celebri sono la Colonna dei Musei Vaticani e la Farnese del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.



SCULTURE ANTICHE - POLICLETO, Scultore greco di Argo (attivo 460-420 a. C. circa): Diadumeno, circa 430 a.C., Marmo, h. 186 cm. - Atene, Museo Archeologico Nazionale

INV. N. 1755

Il Diadumeno di Policleto
Copia in marmo dall'originale in bronzo, rinvenuta a Delo.
Museo Archeologico Nazionale di Atene 


I Diadumeno ("diadema-portatore"), insieme con il Doriforo (portatore di lancia), sono due dei più famosi tipi figurali dello scultore Policleto, che formano il motivo di base di tutta la Scultura Greca dell'epoca.

I Diadumeno è il vincitore di un concorso ad una specialità di atletica, ancora nudo dopo il concorso, che sollevando le braccia, si annoda il diadema alla testa, ovvero un nastro che identifica il vincitore. L'originale di Policleto, circa del 420 a C. era in bronzo. La figura si trova in contrapposto con il suo peso sul piede destro, il ginocchio sinistro leggermente piegato e la testa leggermente inclinata verso destra, e sembra essere perso nei suoi pensieri. Anche Fidia è stato accreditato di una statua di un vincitore a Olimpia nell'atto di legare il nastro intorno alla sua testa. Oltre a Policleto, anche i suoi successori Lisippo e Scopas hanno creato figure di questo tipo.






SCULTURE ANTICHE - POLICLETO Scultore greco di Argo (attivo 460-420 a. C. circa): DORIFOFO, dalla fine del II secolo a.C. all'inizio del I secolo a.C., Marmo, h. 212 cm - Napoli, Museo Archeologico Nazionale

INV. N. 1753

Il Doriforo di POLICLETO
(copia romana da originale greco bronzeo)

Policlèto il Vecchio. - Scultore greco di Argo (attivo 460-420 a. C. circa). Fu il più grande maestro della scuola peloponnesiaca nell'età aurea dell'arte classica, e dagli scrittori antichi è spesso menzionato insieme con Fidia e a lui paragonato. Emerito bronzista, pare non abbia mai scolpito in marmo: Plinio (XXXIV, 9) lo dice coetaneo e condiscepolo di Mirone (che tuttavia era forse un po' più vecchio), e c'informa ch'egli soleva usare la lega eginetica del bronzo, mentre Mirone si atteneva alla deliaca. Le fonti antiche (da Aristotele Etic. VI 7 e da Cicerone Brutus LXXXVI 296, a Plinio Nat. Hist. XXXIV 50 e 55, a Quintiliano, a Valerio Massimo) esaltano il suo stile armonioso, la perfezione delle proporzioni, lo studio attento dell'anatomia umana nei numerosi capolavori, dal Doriforo al Diadumeno, dall'Eracleal Cinisco e allo Xenocle.