lunedì 26 ottobre 2015

SIGNORINI, Telemaco (Firenze, 1835 - 1901): L'alzaia, 1864, olio su tela, 54x173,2 cm - Collezione privata

INV. N. 1107




MANET, Edouard (Paris, 1832 - 1883): Primavera (Studio di Jeanne Demarsy), 1882, acquatinta, 15.5 x 10.7 cm - Gallery: Hermitage, San Pietroburgo, Russia

INV. N. 1106




PICASSO Pablo (1881; Málaga, Spain - 1973; Mougins, France): Pierrot con una maschera, 1918 - Ubicazione: ignota

INV. N. 1105




CARRA' Carlo (1881; Quargnento, Italy - 1966; Milano): Il funerale dell'anarchico Galli, 1910/11, olio su tela, 198.7 x 259.1 cm - Gallery: Museum of Modern Art, New York, USA

INV. N. 1104


Il Funerale dell'anarchico Galli è un dipinto del pittore italiano Carlo Carrà. E 'stato terminato nel 1911, durante la fase futurista dell'artista. Attualmente è conservato al Museum of Modern Art di New York. 
Il tema del lavoro è il funerale dell'anarchico italiano Angelo Galli, ucciso dalla polizia durante uno sciopero generale nel 1904. Lo Stato italiano temeva che il funerale sarebbe diventato di fatto una manifestazione politica e ha rifiutato l'ingresso degli anarchici in lutto nel cimitero stesso. Quando gli anarchici hanno resistito, la polizia ha risposto con forza e una zuffa violenta ne seguì. 
Carlo Carrà era presente. Il suo lavoro incarna la tensione e il caos della scena: il movimento dei corpi, lo scontro di anarchici e polizia, le bandiere nere che volano in aria. Egli riflette in una memoria più tardi:
"Ho visto davanti a me la bara, coperta di garofani rossi, tentennare pericolosamente sulle spalle dei necrofori. Ho visto i cavalli diventare irrequieti, e club e lance contrastanti, in modo che mi sembrava che da un momento all'altro il cadavere sarebbe caduto a terra e sarebbe stato calpestato dai cavalli ... "(Carrà, La Mia Vita, 1943)

(Fonte: WikiArt)


PANNINI, Giovanni Paolo (Italian painter, Roman school - 1691, Piacenza - 1765, Roma): Interno della Pinacoteca con la collezione del cardinale Silvio Valenti Gonzaga, 1740, olio su tela - Gallery: Wadsworth Atheneum, Hartford, Connecticut

INV. N. 1103





domenica 25 ottobre 2015

PICASSO Pablo (1881; Málaga, Spain - 1973; Mougins, France): Ritratto di Maya con la sua bambola, 1938, Olio su tela - Gallery: Musée Picasso, Parigi

INV. N. 1102





DELACROIX Eugene (1798, Charenton-Saint-Maurice - 1863, Paris): Il 28 luglio: la libertà guida il popolo, 1831, olio su tela, 260x325 cm - Gallery: Museo del Louvre, Parigi

INV. N. 1101


Arte&Politica

"Il 28 luglio: la libertà guida il popolo" viene dipinto da Delacroix all'indomani della rivolta di popolo conseguente all'ascesa al trono di Francia di Carlo X, ultimo dei fratelli di Luigi XVI il ghigliottinato, che aveva sciolto le Camere e sospesa la libertà di stampa. La ribellione fu immediata, prima fra i giornalisti, poi fra i deputati e infine da tutto il popolo.
Delacroix racconta l'evento con un dipinto di grandi dimensioni che diventa nei secoli successivi una icona mondiale della libertà dei popoli. (...) Recupera la tematica della Zattera (La zattera della Medusa, di Géricault - n.d.r.) con la piramide di esseri morti e vitalissimi in contrasto. Il gesto vigoroso e convinto delle pennellate è travolgente. I dettagli sono spesso resi con geniale realismo e con un solo colpo di colore. L'opera viene realizzata in due mesi sul finire dell'anno e presentata al pubblico l'anno successivo.
Da questo dipinto tutti hanno tratto qualcosa: la Francia la sua identità repubblicana riprodotta in milioni di francobolli e di biglietti di banca, Victor Hugo l'immagine di Gavroche, il monello parigino dei Misérables che nasce nel 1820 e muore nella rivolta repubblicana fallita del 1832, (...), il cinema l'idea visiva della barricata, il femminismo la prima donna alla guida della rivolta, l'America il prototipo della Statua della Libertà. (da Il secolo lungo della modernità, Philippe Daverio, Rizzoli)



DAVID Gerard (Oudewater, ca. 1460 - Bruges, 1523): Le nozze di Cana, c. 1500, Olio su tavola, 100 x 128 cm - Gallery: Musée du Louvre, Parigi

INV. N. 1100




HOOCH, Pieter de, Dutch painter (1629, Rotterdam - 1684, Amsterdam): Una donna che beve con due uomini, c. 1658, Olio su tela, 73,7 x 64,6 cm - Gallery: National Gallery, Londra

INV. N. 1099





SPITZWEG, Carl (1808, München - 1885, München): Stazione doganale a Zirl in Tirolo, 1880 ca., olio su compensato, 31 × 25.2 cm - Gallery: Museum Georg Schäfer, Schweinfurt, Bavaria, Germania

INV. N. 1098




SEVERINI, Gino (Cortona, 1883 - Parigi, 1966): Lancieri (data e ubicazione: ignoti)

INV. N. 1097




venerdì 23 ottobre 2015

SPITZWEG, Carl (1808, München - 1885, München): Il lettore di giornale in giardino, 1847, olio su tela, 31.75 × 27.15 cm - Gallery: Milwaukee Art Museum (MAM), Wisconsin

INV. N. 1095


Arte&Ironia

Ne "Il lettore di giornale in giardino" il signore vestito di una elegante palandrana da camera, con tanto di pipa dal lunghissimo bocchino e fogli di giornali in mano, in realtà non sta leggendo ma è voltato a guardare con interesse la giovane contadina nel giardino!



SEVERINI, Gino (Cortona, 1883 - Parigi, 1966): Ballerina in blu, 1912, olio su tela - Gallery: Mattioli Collection, Milano

INV. N. 1094




BOCCIONI, Umberto (1882; Reggio Calabria - 1916; Verona): Stati d'animo I: gli addii, 1911, olio su tela, 70.5 x 96.2 cm - Gallery: Museum of Modern Art, New York, USA

INV. N. 1093



Gli Addii è stato il primo di una serie in tre parti di Boccioni, dal titolo 'Stati d'animo', che è stata a lungo considerata come uno dei punti più alti dello stile futurista in pittura. Il punto focale del quadro è fornito da movimento stesso - la locomotiva, l'aereo, l'automobile: macchine moderne che hanno dato un nuovo significato alla parola "velocità". In questo lavoro, ambientato in una stazione ferroviaria, Boccioni coglie il dinamismo del movimento e del caos, raffiguranti persone che vengono consumati da, o fuse con, il vapore della locomotiva come  passato che sfreccia.
(Fonte: WikiArt)



FRIEDRICH, Caspar David (1774, Greifswald - 1840, Dresden): Donna alla finestra, 1822, Olio su tela, 44 x 37 cm - Gallery: Nationalgalerie, Berlino

INV. N. 1092











mercoledì 21 ottobre 2015

PICASSO Pablo (1881; Málaga, Spain - 1973; Mougins, France): Massacro in Corea, 1951, olio su tavola di compensato, 110 x 210 cm - Gallery: Musée Picasso, Parigi

INV. N. 1091


ARTE&POLITICA


"Massacro in Corea del 1951, prende spunto da La fucilazione del 3 maggio 1808 di Francisco Goya: Picasso vi applicò il principio della ridefinizione delle forme di stampo cubista. Con quest'opera di grandi dimensioni (110x210 cm) Picasso torna sul tema della guerra, pochi mesi dopo l'intervento americano in Corea che ha rappresentato l'inizio della Guerra Fredda. L'esecuzione di questo quadro, evidenzia l'impegno assunto da Picasso in nome dell'arte contemporanea, per le grandi battagli civili del suo tempo.

"PER RAPPRESENTARE IL VOLTO DELLA GUERRA NON HO MAI PENSATO A UN VOLTO IN PARTICOLARE, ECCETTO QUELLO DELLA MOSTRUOSITA' [...] SONO VICINO AGLI UOMINI, A TUTTI GLI UOMINI", affermò il pittore a proposito di Massacro in Corea, trasformando il riferimento storico in un atto di accusa contro un orrore che si ripete. Il dipinto è quasi monocromo, come Guernica, ma cambiano l'impatto compositivo e il linguaggio, che si fa più compatto e narrativo."

(Fonte: Storia dell'arte, Nicola Siddi)




GOYA Y LUCIENTES, Francisco de (1746, Fuendetodos - 1828, Bordeaux): 3 Maggio 1808 - La fucilazione dei difensori di Madrid, 1814, Olio su tela, 266 x 345 cm - Gallery: Museo del Prado, Madrid

INV. N. 1090


ARTE&POLITICA

"E' stato permesso poche volte, e solo in senso ironico, che l'artista prendesse la parte del perdente nella storia.
Con Goya la questione cambia radicalmente: i fucilati del "3 maggio 1808", dipinti nel 1814, sono una testimonianza della crudeltà della guerra che egli riprende e declina in decine di incisioni. E formidabile, in senso etimologico, è lo sguardo del disperato in attesa della fucilazione, la disperazione di chi gli sta intorno, frate compreso. E crude sono le figure dei già giustiziati in prima linea con il senso realista tutto ispanico della pozza di sangue nella quale giacciono, uno di loro con addirittura il colpo di grazia in fronte e ovviamente in primo piano per lo spettatore.
Si tratta della feroce repressione delle truppe napoleoniche contro il sollevamento popolare e contadino di Madrid."

(da Il secolo lungo della modernità, Philippe Daverio - Rizzoli)




ARTE&POLITICA: GÉRICAULT, Théodore (1791, Rouen - 1824, Paris): La zattera della Medusa, 1818-19, Olio su tela, 491 x 716 cm - Gallery: Musée du Louvre, Parigi

INV. N. 1089

#ARTE&POLITICA


La zattera della Medusa, è il capolavoro indiscusso di Géricauilt, 35 metri qadrati di pittura diventata scura con gli anni per via dell'uso troppo ambizioso del bitume di Giudea utilizzato come vernice finale. Questa piramide di carne umana, in parte marcia, in parte vibrante di speranza, fu dipinta in dimensione 491 x 716 centimetri da Théodore Géricault allora ventisettenne per stupire l'umanità parigina nel Salon del 1819. Ci mise otto mesi a realizzarlo. Sull'ultima linea dell'orizzonte d'un mare in tempesta appare la nave della salvezza. Un mondo se ne va, un altro arriva. Il dipinto fece clamore a tal punto che l'anno successivo fu esposto a Londra. Racconta un fatto di cronaca che ha duramente colpito lo spirito di grandeur della Francia appena restaurata con l'ascesa al trono del fratello minore di Luigi XVI il ghigliottinato, Luigi XVIII. Negli accordi con l'Inghilterra dopo la fine dell'epopea napoleonica e in conseguenza del Congresso di Vienna era stata decisa le restituzione del Senegal alla Francia. In pompa magna era stata mandata una flottiglia con giglio a riprendere possesso dell'isola di Saint-Louis, tre navi in tutto con ambascerie, mogli e servi. Una delle tre navi, comandata da un nobile in disarmo tornato in auge, perde la rotta, si arena e succede la catastrofe: centocinquanta morti, fra i quali poveri diavoli che non avevano trovato posto sulle scialuppe e s'erano quindi arrangiati con la costruzione d'una zattera rudimentale. Erano rimasti a morire di fame e sete per due settimane finché non furono avvistati da un'altra delle tre navi. Sopravvissero in tredici. Scandalo. Forse portava iella il nome della loro nave, la Medusa. Trattasi quindi di un quadro politico, e forse critico. (da Il secolo lungo della modernità, di Philippe Daverio - Rizzoli)



giovedì 15 ottobre 2015